Ibla, unita alla sua gemella Ragusa da un abbraccio di scale e ponti, è antichissima. Quel territorio fu abitato fin dalla preistoria, conquistato dai Cartaginesi e dai Romani, valorizzato in epoca bizantina, ma, dopo il terremoto del 1693, la popolazione si divise: la nobiltà dei Sangiorgiari preferì ricostruire nel vecchio sito, attorno alla basilica affidata a Gagliardi, mentre i massari "burghisi", devoti di San Giovanni Battista, si spostarono più in alto, nella cosiddetta "spianata del Patro", dando vita, attorno alla chiesa del patrono, a una nuova città: Ragusa. Figlia d'Ibla fin nel nome, poiché la città antica era chiamata dai Greci Hybla Heraia e i Romani mutarono il termine prima in Hereum, poi in Hereusium. Il nome in età bizantina divenne Reusia e con gli Arabi Ragus. I due centri, pur contigui e collegati, furono autonomi fino al 1926, quando, riunificati, divennero capoluogo di provincia. Ma Ibla, quella che un tempo era la "sorella nobile", cominciò a decadere, a degradarsi, come una donna di grande bellezza e fascino che, con l'avanzare degli anni, sfiorisca perdendo splendore e cognizione di sé. A osservarla di lontano, al primo scuro, con le sue casuzze ammassate da cui svettano monumenti, è ancora in grado di ammaliare, di far perdere la testa a chi abbia "una certa qualità d'animo".

RAGUSA IBLA GALLERY / veduta

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